storia
Il culto di San Filippo d'Agira (a Calatabiano conosciuto come il "Siriaco") è ancora oggi molto radicato in Sicilia.
Nel contesto del Mediterraneo, che ci pone dinanzi l’imponente migrazione di popoli, la vicenda di san Filippo d’Agira è esemplare di vibrante e scottante vitalità. San Filippo é un migrante venuto da Oriente a Occidente, un uomo vissuto da santo sull’esempio di Gesù. San Filippo detto di Agira, perché ne fu patria di elezione sino alla morte, probabilmente all’età di 63 anni. Apostolo accetto a Dio, dal centro della Sicilia predicò e istruì con l’esempio e la parola e irradiò la sua azione. San Filippo è presentato, a secondo di chi scrive, con diversi epiteti: cacciaspiriti, vincitore o sterminatore di diavoli, San Filippo il Grande, il Costantinopolitano, il Siriaco, ‘u Niuru o l’Etiope. Sul Santo si possono leggere le fantasticherie più mirabolanti e inverosimili e i più profondi e sinceri atti di fede e devozione. La sua vita, per come è presentata perlopiù oggi, è narrata non in modo univoco perché essa ci è arrivata tramandata da due testi agiografici in greco diversi, che lo fanno vivere in due momenti storici diversi. Nella letteratura più datata si legge una proposta che risale a più di seicento anni fa, nella quale le notizie dei due testi agiografici sul Santo sono state manipolate, costruendo una narrazione “mescolata“ di elementi provenienti dalla vita primigenia più antica con altri della vita scritta diversi secoli dopo, ma desunta dalla prima. Secondo Bonaventura Attardi, il più citato degli storici locali, “deve aversi rispetto a chi si dice la verità, ove si dice, e come si dice”. Pertanto, poiché le persone alle quali si rivolge questa nota sono devote e fedeli di San Filippo, il mio “è sì un impegno culturale, ma troppo imprudente”, è come “un volersi esporre ad un evidente pericolo di esserne lapidato” o come colui che deve parlare della corda in casa dell’impiccato. Chiedo venia. Reputo, però, confortato dall’art.92 sulla Sacra Liturgia della Costituzione del Concilio Vaticano II, che richiede che le vite dei santi siano restituite alla verità storica, sia necessario fare cogliere il senso reale della figura di San Filippo, che non sminuisce la fede ma la consolida, poiché sono convinto, che la fede in ogni buon credente non dipende dal fatto che il suo santo protettore sia nato in un secolo anziché in un altro o che abbia avuto assegnata la missione di diffondere il Vangelo da san Pietro o da altro papa. Il San Filippo di Agira che si propone non vuole essere un San Filippo ideale, anonimo e senza contorni storici, perché non potrebbe essere un San Filippo storico, cioè veramente esistito, ma si propone un San Filippo uomo in carne ed ossa, che emulo di Abramo lascia la terra propria e i genitori per venire in Sicilia, dove spese la sua vita al servizio dei fratelli bisognosi con amore e fede in Dio, che gli dimostrò la sua predilezione concedendogli la possibilità di compiere miracoli in vita e morte. Uomo tra gli uomini vissuto da Santo e che ebbe un seguito di santi e di monaci consacrati agli stessi suoi ideali di vita religiosa. Il modello di vita di San Filippo fu assunto, infatti, come esempio e praticato dai monaci che, costruirono un convento accanto alla chiesa fondata sulla sua tomba, come da consuetudine del tempo. Il monastero, di cui San Filippo è solo eponimo, diventò ben presto il più famoso del suo tempo in Sicilia e centro di irradiazione nel X secolo della sua pratica di vita. La greca Agyrion, la romana Agirium, in onore di San Filippo dall’inizio del basso medioevo, per un millennio è stata chiamata San Filippo di Argirione o di Argirò e Sanfulippani i suoi abitanti. Mons. Cesare Pasini, Prefetto della Biblioteca Vaticana, lo studioso che nel mondo ha studiato più ampiamente l’agiografia in prosa e in poesia in greco di San Filippo di Agira, ritiene che delle due Vite esistenti la più fededegna sia la Vita più antica, scritta molto probabilmente nel monastero di Agira tra l’880-900 da un monaco di nome Eusebio, che si dice fedele compagno del Santo. Nelle sue diverse pubblicazioni, dopo aver analizzato la storia dei codici greci riportanti la Vita di San Filippo, fondandosi sul Bìos di Eusebio, ritenuto il solo attendibile per uno studio scientifico, il Prefetto della Vaticana è dell’avviso che San Filippo di Agira non sarebbe potuto vivere né nel I secolo né nel V, ma lungo il VII secolo, forse toccando il primo decennio dell’VIII secolo. Tale periodo fu contrassegnato da una forte migrazione di persone verso la Sicilia e l’Italia meridionale, sospinte dalle impossibili condizioni di vita imposte dalle scelte politiche degli imperatori di Oriente. Pasini sostiene la sua tesi con argomentazioni pertinenti e motivate già dal 1981, ribadite nel convegno di Agira del 1999, ritenute valide dalla storiografia scientifica militante e del tutto condivisibili, grazie a un’analisi rigorosa sugli ambienti, la mentalità, le tradizioni culturali e cultuali emergenti dalla Narrazione di Eusebio monaco sulla vita e i miracoli del nostro santo padre Filippo, presbitero apostolico e persecutore dei demoni. San Filippo di Agira nacque probabilmente in Tracia da una famiglia multietnica e interculturale nella quale il padre era di lingua siriana e la madre romana. Il suo dies natalis per la vita in cielo è il 12 maggio, giorno della morte, divenuto dies festus. L’avere un padre che parla il siro non fa del figlio comunque un siriaco o un costantinopolitano, o u’Niuru o un Etiope o un africano. La sua nascita è frutto di un miracolo concesso ai genitori che avevano perduto tre figli travolti dalla rovinosa piena del fiume Sagarino, mentre ritornavano a casa con il loro gregge. Offerto dal padre e dalla madre a Dio ancora in fasce, Filippo, all’età di ventuno anni, venne a Roma, ottenendo da Dio, lungo il viaggio, un primo miracolo: la fine della tempesta che minacciava di fare naufragare la nave. A Roma, dopo avere ricevuto miracolosamente la facoltà di parlare in latino, venne consacrato presbitero ed ebbe dal papa, del quale non si conosce il nome, la missione di evangelizzare la Sicilia iniziando a liberare Agira dalla terribile infestazione dei diavoli. Da Roma raggiunse Messina e quindi Agira per una strada che nessuno conosce, che la Vita eusebiana non indica dettagliatamente come qualcuno scrive. Ad Agira trovò riparo in una grotta fuori dall’abitato ov’erano tre colonne e tre gradini, tagliati da pietre perfette; là stava seduto, secondo l’abitudine (così scrive Eusebio). Dopo due giorni salito sulla sommità del monte liberò dai demoni, grazie alla sua preghiera, l’allora Argirium.
San Filippo è santo che ha come lineamenti distintivi, storicamente netti e inequivocabili di persecutore dei demoni e presbitero taumaturgo. La lotta e le sfide e lo scontro anche fisico con il demonio sono note esemplificative. La leggenda narra tra l’altro che San Filippo, legato dal diavolo da pesantissime catene, se ne sia immediatamente liberato, mentre legato satana con i suoi capelli (ad Agira) o con alcuni fili della sua barba (a Calatabiano), lo costrinse a fare ricorso all’aiuto dei fratelli demoni dell’inferno, dove San Filippo lo inseguì, ritornando nero per la fuliggine. Da qui il colore nero, ma - ammonisce Filippo Zappalà - San Filippo è bianco.
La leggenda ad Agira narra anche che, dopo una lotta fisica durata tutta una notte in una grotta, il demonio sconfitto fuggì provocando un buco nella roccia che, pertanto, viene detta rutta pirciata (grotta bucata). Si narra altresì ad Agira che San Filippo vinse il diavolo nel lancio della roccia che ora si trova nella cappella detta “Pietra di San Filippo”. Lo storico Tommaso Fazello, recatosi ad Agira nel 1541, testimonia di avere assistito, nella sua chiesa, nella giornata del 12 maggio, alla liberazione contemporaneamente di ben duecento indemoniati.
La Vita del IX sec. di Eusebio attesta di San Filippo una taumaturgia ùpoliedrica e descrive venti miracoli, in vita e in morte, tra i quali: la guarigione di uno storpio, di una emorroissa, la resurrezione di un giovane presso la fontana Maimone di Agira, la liberazione di una giovane dal demonio, e il proscioglimento di dodici cittadini di Agrigento da una condanna ingiusta. La nascita del suo discepolo San Filippo il Piccolo, o Fulippuzzu o Filippello, diacono palermitano, venerato ad Agira come compatrono, è tra i miracoli più noti.
Il culto di San Filippo è radicato fortemente lungo la costa ionica della Sicilia, da Capo Passero a Capo Peloro, della Calabria, da Laurito a Pellaro a Gerace, e della Basilicata. Il suo culto è caratterizzato da manifestazioni particolarissime di intensa fede: ad Agira (viaggi dei devoti scalzi con grossi ceri votivi nella Processione del Perdono), a Calatabiano (la Calata e ‘a Cchianata), a Limina e non solo.
In Sicilia non esiste provincia che non abbia una chiesa dedicata a San Filippo di Agira. Gli altari o le cappelle a lui dedicati non si contano. Il culto è stato o è presente in Sicilia a: Aci Sanfilippo, Aidone, Agrigento, Ali Superiore, Bisacquino, Caccamo, Calatabiano, Caltabellotta, Cammarata, Castelbuono, Castronovo, Casalvecchio Siculo, Castiglione di Sicilia, Castrorao, Catania, Chiaramonte Gulfi, Corleone, Faro Superiore, Fiumedinisi, Frazzanò, Furnari, Gerace, Ganci, Gualtieri Sicaminò, Licodia Eubea, Limina, Linguaglossa, Marineo, Messina, Milazzo, Militello di Val di Catania, Monforte San Giorgio, Mongiuffi-Melia, Palermo, Piazza Armerina, Pollina, Randazzo, Roccafiorita, Rodì Milici, Savoca, Sciacca, San Filippo del Mela, San Filippo Inferiore, Scifi, San Gregorio/Valverde; in Calabria: Cinquefrondi, Favelloni, Gerace, Lauria, Laurito, Pellaro, Sinopoli Vecchio; in Puglia: Bari; a Malta: Hamrum, Kalkara e Haz-Zebbugg.
Agira, Messina, Frazzanò, Cinquefrondi, Pellaro, Lauria, Gerace, Santa Lucia del Mela e Calatabiano hanno avuto un monastero sotto titolo di San Filippo d’Agira, ispirato alla vita di San Basilio. Monasteri che sono stati polo della diffusione del suo culto nei territori limitrofi e del processo di rilatinizzazione voluta dagli Altavilla.
L’Esorcista è patrono di Agira, Aci San Filippo, Rodì Milici, Pellaro, Favelloni, Laurito e Haz-Zebbug (Malta), è compatrono di Calatabiano e Limina. In questi due ultimi centri e a Piazza Armerina e Haz-Zebbug, è onorato con una particolare ritualità. È stato venerato ad Aidone prima dell'attuale culto a san Filippo Apostolo. Sono attestate chiese a Bisacquino, Castiglione di Sicilia, Sinopoli Vecchio e Pollina e fuori le mura di Polizzi.
L’iconografia ricorrente, dalla più antica immagine del XII sec. nel monastero di San Filippo di Fragalà, lo rappresenta avanti negli anni, di pelle bianca, barbato, per lo più stante e benedicente in abiti sacerdotali nella foggia bizantina o romana e nell’atto di liberare un posseduto dal demonio, raffigurato come drago o, a volte, con volto umanoide. In qualche opera più recente, XVIII sec., il diavolo ha forme umane con coda e corna. Spesso il demonio è rappresentato legato con grosse catene sotto i piedi del Santo o come fuoriuscente dalla bocca dell’indemoniato con ali di pipistrello. In opere create dal XVI secolo, in particolar modo ad Agira ma anche nell’area territoriale alle pendici dell’Etna, nel Medioevo simbolo emblematico dell’inferno, è rappresentato nero secondo quanto la leggenda.
San Filippo è invocato per la liberazione dei posseduti del demonio, per le guarigioni, nei terremoti, per la siccità ed in ogni difficoltà personale ritenuta insuperabile.
San Filippo fu sepolto ad Agira, secondo la tradizione, nell’arca inferiore delle due costruite nella cripta/cateva, dove le sue ossa hanno riposato per secoli. Sulla tomba fu costruita una piccola chiesa a forma di croce, su precisa indicazione del Santo, quaranta giorni prima della morte, a un suo nobile devoto della regione di nome Belisario. L’ultima e più nota inventio delle sue reliquie è avvenuta, unitamente a quelle di San Filippo Diacono, San Eusebio monaco e San Luca Casali. Il riconoscimento canonico delle reliquie è avvenuto da parte di mons. Filippo Giordì nel 1604, durante la sua visita dell’allora abbazia di Santa Maria Latina di Gerusalemme, alias di San Filippo de Argyrione, su incarico regio. L’attuale cassa di argento che ne custodisce le reliquie si ammira nella navata sinistra dedicata al Santo della chiesa della Parrocchia di San Filippo di Agira, già omonimo glorioso monastero.
Prof. Salvatore Longo Minnolo
foto di Igor Rinaudo